Blog parallelo

giovedì 24 aprile 2014

Coltivare l'avogado 1: semina nella terra

L'avogado è un frutto tropicale che sazia, dal sapore che mi ricorda quasi una mandorla cremosa (o forse sapeva un po' di cocco, non ricordo bene). Conservando i due enormi semi ho provato a seminarli. Non col metodo crudele che circola sul web (infilzare il seme con quattro stuzzicadenti e tenerlo a mollo nell'acqua), ma alla vecchia maniera: interrarli nel terriccio umido dentro una bottiglia e tenerli al caldo.
Le due piante saranno destinate al vaso, il freddo invernale non lascerebbe loro molte probabilità di sopravvivenza. La fruttificazione è un'altra faccenda complicata, ma meglio affrontare un problema per volta.


semi giganti di avogado, grandi come piccole uova

Gennaio: semina dell'avogado
Ripeto: ho evitato di infilzare il seme con quattro stuzzicadenti e lasciarlo per metà nell'acqua. Questo per un semplice motivo: interrare la piantina con le radici nude è un trauma evitabile, si rischia anche di spezzarle. Meglio interrare il seme di avogado direttamente nel terriccio umido (lasciandone fuori metà) di un vaso profondo o di una bottiglia. E avere tanta pazienza.


Fine febbraio-fine marzo: germinazione dell'avogado
L'attesa viene ricompensata: dopo circa un mese e mezzo (grazie al tepore del termosifone e con il terriccio bagnato) il seme si divarica, strappando la membrana esterna, e fuoriesce il germoglio. Crescita rapida e dimensioni e proporzionali a quelle del seme. Fusto verde chiazzato di rosso. Sotto le radici si scorgono appena, pare che alcune comincino a scavare nel terriccio e altre restino in collegamento con le riserve nutritive del seme.




Con un po' di ritardo (vedi sotto) si sviluppa anche il secondo avogado. Il fatto che siano germinati entrambi gli avogadi è stato un bene: queste piante, infatti, dovrebbero essere autofertili di loro, ma se stanno in compagnia producono frutti migliori.
Il fusto di questo germoglio è interamente rosso, gli manca il verde del primo.Che siano due varietà differenti?










L'imprevisto chiamato lumaca:

Strano che un germoglio resti così indietro rispetto all'altro nonostante la partenza simultanea, ero lì che pensavo. Ma poi la colpevole salta fuori. Caso molto simile al kiwi: una lumaca furtiva pascolava indisturbata con le foglie del mio avogado, facendole sparire appena uscivano dalle gemme. I morsi della fame hanno creato una biforcazione del fusto, che in un primo tempo volevo potare.

Metà aprile: piantine di avogado. A tre mesi dalla semina le foglie hanno raggiunto dimensioni notevoli. Curiosa la loro forma asimmetrica della punta. Il fusto non so quanto ancora possa crescere in altezza, considerando la capacità ridotta della bottiglia. Accanto le talee del melograno.
Per i primi frutti occorre aspettare una decina d'anni, dicono, se non si innesta prima. Quindi, nel frattempo, entrambe le piante andrebbero posizionate in un bel vaso capiente...

coltivare l'avogado 2: trapianto nel secchio e inverno nella serra

lunedì 14 aprile 2014

Coltivare il melograno 1: semina, impianto, talea in bottiglia e polloni

Sarò sincero: la melagrana (cioè il frutto del melograno) non mi sta tanto simpatica. È scomoda da mangiare, i grani macchiano il pavimento che è un piacere e la parte commestibile è solo la metà del peso lordo del frutto. A volte credo che si parli bene della melagrana solo perchè costa uno sproposito.
Il melograno, invece, è un albero molto interessante. Coltivato fin dai tempi antichi, è rinomato per dare frutti anche se impiantato nei terreni più aridi e malposti, dove perfino le vigne crescono a stenti. Quindi non ha bisogno di cure, di irrigazione (eccetto che nell'anno del trapianto) o di altri trattamenti.
Seguono la semina, il trapianto dei melograni presi in fiera, le talee in bottiglia e l'estrazione dei polloni, tutte operazioni effettuate in marzo.

Semina del melograno e germinazione
Ho letto in giro che non vale la pena seminare il melograno: tanto la pianta non farà frutti. Ora, considerando che il melograno coltivato non viene innestato, questa sopra mi pare tanto una panzanata generalista. Per confermare ho controllato al vivaio, dove praticamente ogni albero da frutto in vendita è innestato. Il melograno, guarda caso, è una delle poche eccezioni.
Quindi provo con la semina (tempi lunghi: almeno quattro anni per i primi frutti). Ho raccolto un po' di semi nell'autunno scorso, li ho asciugati e metà li ho lasciati a svernare al fresco. Messi nel vaso sopra il termosifone caldo, ho tenuto la terra bagnata e nel giro di qualche giorno è scattata la germinazione (di tutti i semi).
Entro un mese le prime foglie arrotolate si sono distese. Le prossime spero che assomiglino di più a quelle del melograno adulto.

Tre piccoli melograni presi in fiera, trapiantati al sole
Dalla fiera di S. Giuseppe ecco tre piccoli melograni di due anni. In ogni vaso un arbusto spinoso, talee radicate che hanno emesso diversi getti dal terreno. Da frutto, precisa chi me l'ha venduto, però i melograni da frutto, da quanto ne so, sono a albero, cioè con un singolo, grosso fusto. Questi sono impostati a cespuglio e tendono a fare frutti di dimensioni inferiori. Quindi bisogna avere un anno di pazienza e scegliere il fusto che si svilupperà maggioramente, gli altri sradicarli come se fossero polloni e trapiantarli. Altrimenti tenere massimo due o tre fusti. Ho visto al vivaio due grandi melograni da frutto che avevano almeno cinque fusti ciascuno. Chissà.
L'impianto assomiglia a un accampamento di tende in un prato molto esposto al sole. Esposizione solare prolungata necessaria per far maturare le melagrane, terreno scavato in profondità per impedire i ristagni idrici (assolutamente da evitare). Come sempre, il terreno morbido e drenato è una condizione indispensabile.

Provo anche le talee di melograno
Al parco vado a guardarmi il melograno da frutto e lo trovo pieno di potature, quindi mi cerco qualche rametto superfluo per la pianta e lo taglio via con attenzione. 
Per le talee raccomandano segmenti di rami corti, perchè la linfa fa fatica a risalire senza l'apparato radicale. Rimosse tutte le gemme intermedie, ne ho lasciate giusto un paio in cima e un paio in fondo (dove usciranno le radici). Rametti interrati fino a metà in una bottiglia tagliata in due e poi ricomposta per trattenere parte dell'umidità (che aiuta la radicazione delle talee) e con dei fori in fondo per fare uscire l'acqua in eccesso.

Già che ci sono provo anche con i polloni di melograno
Il melograno di sopra aveva alla base diversi polloni in uno stato pietoso, tutti tranciati dai giardinieri. Li ho estratti dal terreno, tanto lì erano condannati.
Rispetto alle talee i polloni hanno qualche possibilità in più di attecchire al terreno, essendo provvisti in genere di qualche radice. Qui invece mi sono dovuto accontentare, ma confido nelle virtù di questa pianta ostinata. Ho rimosso tutte le ramificazioni e i getti secondari. Se qualche pollone darà buoni segni di ripresa lo trapianterò nel corso dell'anno, ora se ne stanno al riparo nella serra fredda, periodicamente bagnati, sia sopra che sotto, esattamente come le talee.

COLTIVARE IL MELOGRANO - parte 2

mercoledì 9 aprile 2014

Se la terra cala... ricicliamo le erbacce!

Se la terra dell'orto cala...
Col passare degli anni i sassi nell'orto sembrano aumentare, quando ho scattato la foto a sinistra c'erano più sassi che cicoria. Vangando, poi, emergono sassi di grandi dimensioni che nelle vangature precedenti non c'erano. Visto che la lunghezza dei denti della forca che uso non cambia, l'unica spiegazione possibile è che la terra dell'orto sia calata.
La causa? Ciò che sottraiamo all'orto non viene adeguatamente reintegrato. Pensiamo a dove buttiamo le erbacce infestanti, le radici o le foglie secche. Molti considerano una comodità buttare gli sfalci nella raccolta differenziata, così gli operatori ecologici li fanno sparire. In realtà siamo noi a fare un regalo a loro, privandoci di una risorsa preziosa e impoverendo la nostra terra.
Le erbacce, infatti, hanno assorbito parte del concime destinato agli ortaggi. I trifogli per esempio sono pieni di ferro, da qualche parte l'avranno pur preso. Sarebbe cosa buona e giusta riciclarle e riappropriarci del nostro concime!
Idem le foglie secche. Gli alberi fanno cadere le foglie e i frutti per concimare la terra ai loro piedi, creando anche una pacciamatura naturale (non sono gli unici fini): è profondamente sbagliato ripulire il terreno e gettare via tutto! Se proprio bisogna tener pulito, almeno conserviamo e ricicliamo questa risorsa!

Il miracolo della terra
La soluzione si chiama compost: cioè raccogliere erbacce, foglie, radici e tutto ciò che è organico, farle decomporre e trasformarle in concime. Terra grassa.
In questo vecchio bidone ho accumulato segatura, foglie dure dell'alloro, piante secche di patata, fogliame della vigna e tutto ciò che mi passava sotto mano e veniva scartato per il compost tradizionale. Perchè gettarlo via? Capienza del bidone infinita o quasi, visto che il materiale organico sedimentato perde gran parte del proprio volume. I fori presenti e le rimescolature occasionali hanno ossigenato il contenuto. Perchè la digestione del compost deve essere aerobica, cioè con ricambio d'aria.
Sono occorsi due anni per creare del terriccio adatto. Le parti dure, come i piccioli fogliari, non sono state ancora ben digerite, ma nessun problema: semplicemente sono tornate dentro.


Concimare con le erbacce
Prima di vangare possiamo sotterrare le erbacce in profondità, così che marciscano lì e non riemergano più. Attenzione che alcune radici infestanti riescono ugualmente a risalire, meglio gettarle nel compost.
Ancora meglio zappare le erbacce e lasciarle seccare bene al sole, così da creare una sorta di pacciamatura.

La terra che rimane addosso a noi o agli ortaggi andrebbe sciacquata via e conservata, invece che farla defluire nello scarico del lavandino. L'acqua sporca la useremo poi per irrigare. Idem alle scarpe, magari infangate dopo che ha piovuto: la terra dovrebbe tornare tutta al suo posto.
Sarà anche un piccolo gesto, ma moltiplicatelo per tutti i giorni dell'anno e ne risulterà un contributo degno di nota.
E la segatura? 
Potremmo definire la segatura concime a rilascio molto lento. Così lento che non possiamo considerarla concime. Il suo vero pregio è ammorbidire la terra argillosa, aumentandone il volume e l'ossigenazione.
Visto che nell'orto le carote non riescono a svilupparsi in profondità, restando piccole e mozzate, quest'anno ho provato a mescolare un po' di segatura alla terra con una seconda vangatura.
Fieno per gli animali domestici
Un'altra soluzione per l'erba tagliata è lasciarla asciugare al sole, come si fa per il fieno. Fieno che poi finirà nel pollaio o dai conigli (insieme alla segatura) e poi ritornerà a concimare l'orto. Tutto torna.

venerdì 4 aprile 2014

Coltivare il kiwi: semina e talee

A gennaio ho seminato i kiwi. Partivo dal presupposto di evitare i kiwi del supermercato, perchè di sicuro erano innestati su qualche pianta strana, e di conseguenza i semi avrebbero originato strani ibridi. Così mi sono conservato la semenza delle floride piante dei parenti, che credo siane innestate su dei normali kiwi (assurdo ma pare così). Male che vada avrò dei bei porta-innesti.
I kiwi adulti che abbiamo a casa hanno patito il caldo dell'estate e c'è bisogno di rinnovarli, provo quindi anche a fare qualche talea. Questa pianta del lontano Oriente, infatti, vuole ombra d'estate e freddo d'inverno (ma le gelate primaverili le fanno male lo stesso, attenzione). Finalmente una pianta da posizionare nei posti più ombrosi e umidi!

Semi di kiwi, frutti in miniatura:
I semi del kiwi ricordano - con queste micro-protuberanze - la versione in miniatura dei frutti. In teoria vanno seminati in autunno, ma in pratica la semina varia a seconda del clima. Le piantine vanno poi tenute nel vaso nel primo anno e poi trapiantate.
I miei semi li ho seminati a gennaio nel terriccio misto a sabbia, il vasetto posizionato sopra il termosifone (con il sottovaso a fare da barriera). Un po' d'acqua tutti i giorni.

Fine gennaio-primi di febbraio: germinazione dei semi di kiwi
Germinabilità molto elevata, praticamente tutti i semi nel giro di due settimane, anche quelli non svernati al freddo ma solo lasciati ad asciugare all'aria.
Circa una ventina di esemplari. Se non fosse per il seme rimasto appeso avrei scambiato le minuscole piantine di kiwi per dell'erba.
Febbraio - primi di marzo: prime foglie per la piantina. Dalle classiche due foglie iniziali tondeggianti spunta fuori un foglia dal bordo seghettato e ricoperta di peli.



Metà febbraio: strage di piantine di kiwi. Le piantine perdono le foglie, una dopo l'altra. Piantine che inevitabilmente muoiono, anche se morsicate solo parzialmente.
Comincio a temere che ci sia qualche affamato abitante del vaso che si fa lo spuntino notturno. Così una sera porto ciò che resta delle piantine sotto la luce della lampadina e ecco saltare fuori 'sta lumachina ingorda. Ha attuato una sistematica selezione naturale, decimando tutte le piantine di kiwi: me ne sono rimaste due.

Marzo: travaso delle piantine di kiwi
Ho estratto delicatamente le due piantine superstiti, riposizionandole in un vasetto ciascuna.
Ora sembrano essersi fermate, ma confido nei tepore dei prossimi mesi.




Metà marzo: talea di kiwi, progetto parallelo:

Durante la potatura dei famosi kiwi dei parenti, ho raccolto diversi rami superiori, muniti di gemme e spessi più di un dito, insieme a un paio di polloni del portainnesto. Conficcati nel terreno, cerco di bagnarli tutti i giorni e metà li ho insacchettati perchè restino umidi anche col vento o sotto il sole.

Ora è tutta questione di pazienza. Le piantine seminate tra circa quattro anni faranno i primi frutti, sempre che siano piante femminili e non maschili (impollinatori). Oltre alla pazienza occorre anche una certa dose di ottimismo.
Le talee che attecchiscono basterà posizionarle nella loro sede definitiva. Alcuni dicono che diventeranno porta-innesti, ma per altri sono piante complete. Tifo per i secondi.

continua...